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21
Mag

I test sierologici per COVID-19: cosa sono, perché farli e quando non conviene

LE DIVERSE PROPOSTE DEI TEST

Ora che siamo entrati nella Fase 2 e il lockdown è terminato, le persone si apprestano ad uscire di casa e le domande che sorgono in vista della convivenza con il virus sono molte: Ho contratto il Covid? Ho sviluppato gli anticorpi? Sono ancora contagioso? Questi interrogativi hanno portato molti italiani ad andare nei laboratori privati per sottoporsi al test sierologico, dopo il gran numero di ordini effettuati dalle Regioni.
Anche molte imprese stanno facendo affidamento a questi test per verificare quanto il virus si sia diffuso tra i loro dipendenti.

COME FUNZIONANO?

Questi test servono a determinare tutte quelle persone che sono entrate in contatto con il Covid-19 raccontando la storia della malattia attraverso l’individuazione degli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus e, ad oggi, sono disponibili tre tipi di test sierologici: uno qualitativo ad immunocromatografia, definibile “rapido” (con tempi di risposta di circa 15 minuti ma di minore precisione) e due quantitativi da laboratorio con due metodiche diverse (in chemiluminescenza e in ELISA).
Il test qualitativo riesce a stabilire attraverso una goccia di sangue o poche gocce di siero se una persona ha prodotto anticorpi ed è quindi entrata a contatto con il virus.
I test quantitativi invece, servendosi di un prelievo di sangue, dosano in maniera specifica la quantità di anticorpi prodotti e sono per questo considerati più affidabili.
Entrambi i test cercano due tipi di anticorpi: le IgM (Immunoglobuline M) che, espresse dai linfociti B entro 7 giorni circa dalla comparsa dei sintomi, calano con il tempo il loro livello per lasciar spazio alle IgG (Immunoglobuline G), prodotte dopo 14 giorni dai linfociti B differenziatisi in plasmacellule. Queste ultime indicano che l’infezione si è verificata già da diverso tempo e la tendenziale immunità al virus.
Note aziende di diagnostica, stanno lavorando a diverse categorie di test sierologici quantitativi o semi-quantitativi, al fine di individuare con una sensibilità pari al 99%, diverse classi di immunoglobuline. Alcune metodiche prevedono l’individuazione esclusivamente delle IgG mentre altre offrono un abbinamento tra IgM e IgG.
Inoltre sono al vaglio degli esperti metodiche che offrono la possibilità di avere una diagnosi di Covid-19 mediante test salivare.

COME FUNZIONA IL TEST QUALITATIVO

Il funzionamento del test qualitativo è basato sulla comparsa di 3 bande colorate (simili a quelle dei test di gravidanza), una per il controllo positivo e due per le classi di anticorpi testate.
Le diverse possibilità di risultato offerte da questa tipologia di test sono:
– Comparsa della sola banda di controllo = test negativo
– Comparsa della banda IgM = si è stati contagiati da relativamente poco tempo
– Comparsa della banda IgG = si è stati contagiati e si è guariti
– Comparsa di tutte le bande = si è in fase di remissione della malattia.

PERCHÉ FARLI E QUANDO NON CONVIENE

I test sierologici attualmente assumono valore solo se inseriti in analisi di sieroprevalenza o in indagini di sorveglianza di una popolazione, selezionata nell’ambito di specifici programmi a scopo di valutazione epidemiologica della circolazione virale. Infatti i test presenti oggi sul mercato non ci permettono di sapere se abbiamo conquistato una patente di immunità, cioè scoprire di aver già avuto la malattia e di essere guariti. Neanche se si ricorre ai test quantitativi che permettono di seguire i livelli di anticorpi (titolo anticorpale) di un soggetto nel tempo e vedere se il titolo anticorpale si mantiene sufficientemente alto da garantire la protezione nel tempo. Questo perché, come per altri virus, si devono prima stabilire dei livelli di soglia che permettano di evidenziare un soggetto immune da uno non immune, ovvero si dovrà valutare quali sono i livelli di protezione.
In sostanza i test sierologici, qualitativi e quantitativi, sono test orientativi, non diagnostici, che possono fornire alle persone un’indicazione precisa, ovvero se sono entrate o meno a contatto con il SARS-CoV-2 attraverso la rilevazione degli anticorpi.
Inoltre bisogna sottolineare che risultare negativi al test rapido non significa in assoluto non trovarsi in una fase latente e quindi che le IgM non si siano ancora sviluppate.
Per questo, fino ad ora, l’unica indagine accreditata dal ISS come validazione diagnostica per l’individuazione di Covid-19 resta il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, seguito in RT-PCR, secondo i protocolli indicati dall’OMS, il quale però non da alcuna informazione sull’immunità acquisita e richiede tempistiche più estese (3h/96 test).

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