Nessuno poteva immaginare che nel giro di un paio di mesi un virus appartenente a una famiglia a noi nota, quella dei Coronavirus, evolvesse in una maniera tale da costringere l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dichiarare lo stato di pandemia che ha coinvolto il mondo intero.
La diffusione a macchia d’olio del SARS-CoV-2 e le ripercussioni sulla salute umana hanno fatto sì che numerosi studiosi di ogni settore sanitario abbiano intrapreso una lotta contro questo agente microscopico che sta cambiando la vita di tutti noi.
Le strategie adottate sulle persone infettate dal virus, che hanno sviluppato diversi sintomi, più o meno gravi, sono molteplici e comprendono terapie antivirali, idrossiclorochina, anticorpi neutralizzanti, riproposizione di farmaci utilizzati per altri virus e infusione di siero di pazienti in convalescenza da coronavirus.
Lo studio al microscopio di questo virus e del suo meccanismo d’azione ha evidenziato come questo si attacchi in via preferenziale a quelle cellule che hanno sulla loro superficie una molecola detta recettore ACE2, presenti in gran numero negli alveoli polmonari.
Quando il virus raggiunge i polmoni e infetta le cellule genera una tempesta citochinica di molecole infiammatorie, provocando i sintomi peggiori associati al Covid-19, cioè quelli che portano i pazienti in terapia intensiva. Questo ha portato ad indirizzare gli sforzi verso una cura che blocchi la formazione di questa cascata di molecole infiammatorie.
Gli sforzi si sono dunque concentrati su una cura che blocchi la formazione della cascata di molecole infiammatorie, anche se, purtroppo, i trattamenti utilizzati fino ad ora non sempre hanno portato ad un miglioramento dei pazienti ricoverati in terapia intensiva.
Pertanto gli studiosi hanno iniziato a ragionare su cosa potesse dare il maggior effetto antinfiammatorio, facendo ricadere la scelta sulla potenziale azione del trapianto di cellule staminali mesenchimali (MSC), cellule già protagoniste di numerosi studi clinici per l’evidente effetto immunomodulatorio e di mitigazione dell’infiammazione. La Cina, dopo diversi studi clinici, ha fatto da apripista verso questa direzione trapiantando cellule staminali mesenchimali ad alcuni pazienti affetti dal virus. I risultati preliminari hanno dimostrato che il trattamento con cellule staminali mesenchimali era sicuro ed efficace, dati i miglioramenti assunti dai pazienti.
L’utilizzo di queste cellule risulta particolarmente efficace per via del loro potere immunomodulatorio. Stimolando la riparazione endogena dei tessuti, possono prevenire e ridurre la tempesta di molecole infiammatorie generate dal virus, migliorando al contempo i danni creati dal virus sull’ambiente circostante.
Il trapianto avviene attraverso una semplice infusione e, subito dopo, si vanno ad accumulare nell’organo più colpito, il polmone, proteggendo gli alveoli, prevenendo la fibrosi polmonare e migliorandone la funzionalità.
La fonte migliore da cui estrarre le cellule staminali mesenchimale è la gelatina di Wharton, il tessuto interno al cordone ombelicale.
Le stesse cellule prelevate dal midollo osseo, infatti, non sarebbero molto funzionali allo scopo in quanto al suo interno non è presente un numero elevato di queste cellule ed anche perché le modalità con cui viene effettuato il prelievo renderebbe il tutto più difficoltoso.
Le motivazioni che rendono il cordone una ottima fonte sono diverse:
– Le cellule staminali mesenchimali derivanti dal cordone ombelicale si moltiplicano molto più velocemente di quelle di altre fonti, condizione essenziale per essere una buona cura contro il coronavirus, la quale richiede milioni di cellule per dare un’efficacia clinica.
– Il cordone ombelicale e le cellule in esso contenute vengono prelevati in maniera non invasiva
– Le cellule staminali cordonali hanno delle caratteristiche immunologiche che permettono il trapianto da un paziente diverso dal donatore senza generare rigetto.
Anche in Italia è avvenuto il primo trattamento di un paziente affetto da Covid-19 con le cellule staminali cordonali, in linea con gli studi effettuati in Cina, Israele e America, riportando risultati soddisfacenti. Si tratta di un paziente di 69 anni affetto da insufficienza respiratoria da Covid-19 e ricoverato presso l’Unità operativa di Terapia intensiva dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, trattato mediante due infusioni di MSC da cordone ombelicale a distanza di una settimana l’una dall’altra. Il trattamento a uso compassionevole non ha causato effetti collaterali e il paziente è sotto stretto monitoraggio clinico. I parametri relativi all’ossigenazione, infiammazione, coagulazione e funzionalità renale sono migliorati.
Questo ha portato a sottoporre all’AIFA una richiesta per una sperimentazione clinica su scala nazionale.
L’incoraggiante notizia di questo miglioramento è in linea con gli studi che stanno avvenendo nel resto del mondo, come negli USA dove la sperimentazione viene portata avanti Dr. Camillo Ricordi, massimo esperto nella terapia cellulare contro il diabete, professore all’Università di Miami ed oggi capo progetto dello studio clinico approvato dall’FDA americana, ha dedicato e dedica la sua vita alle terapie cellulari.
Eseguito come cura compassionevole, lo studio americano porterà 24 pazienti non responsivi ad altre terapie a ricevere più dosi di cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale amplificate in laboratorio. Le cellule iniettate nel circolo venoso si indirizzeranno spontaneamente nel polmone.
Lo studio in questione porterà a risultati in tempi brevi e fornirà scoperte che ci faranno riflettere sul futuro.