La scoperta di particelle virali, in quanto entità biologiche parassitarie obbligate, la si attribuisce a Martinus Willem Beijerinck, microbiologo e botanico olandese, quando, nel 1898, dimostrò che la malattia causante l’arresto della crescita delle piante del tabacco, denominata “mosaico del tabacco” poiché conferiva alle foglie un aspetto punteggiato a mosaico, era causata da un agente infettivo di dimensioni inferiori a quelle di un batterio.
Tali particelle furono classificate con il nome di “virus”, che in latino significa veleno, ma fu solo negli anni ’30, con l’invenzione del microscopio elettronico, che si riuscì per la prima volta a vederle. Invece l’identificazione della maggior parte dei virus che infettano animali, piante e batteri avvenne nella durante la seconda metà del XX secolo.
I virus hanno molte somiglianze con gli esseri viventi, ma presentano delle caratteristiche specifiche. Sono parassiti intracellulari obbligati, ovvero possono sopravvivere solo utilizzando le risorse di una cellula ospite. Sono in grado di infettare ogni tipo di cellula inclusi batteri, archea, protisti, piante, funghi ed animali (quelli che infettano i batteri sono detti batteriofagi). Sono costituiti da un Core di acido nucleico e sono i microrganismi più diffusi sulla terra.
Una delle loro peculiari caratteristiche è quella di avere dimensioni molto ridotte, tra i 20 nm e i 300 nm. Inoltre al loro interno contengono DNA o RNA a singolo o doppio filamento, ma mai entrambe, e il loro Core, costituito da subunità proteiche dette Capsomeri, è circondato da un rivestimento proteico detto Capside.
I virus possono presentarsi in due forme, “nudi” o “rivestiti”. I virus nudi sono formati esclusivamente da acidi nucleici e dal Capside che li circonda. Ne sono un esempio i batteriofagi. Mentre i virus rivestiti, oltre al capside, presentano una membrana più esterna chiamata Pericapside (Envelope) che deriva dalla membrana plasmatica della cellula ospite e, come tale, è costituita principalmente da fosfolipidi, ma anche da polisaccaridi e proteine (generalmente glicoproteine). La membrana acquisita gli permette di penetrare più facilmente all’interno delle cellule suscettibili, rendendo cosi più difficile la risposta immunitaria dell’ospite. Il virus SARS-CoV2, appartenente alla famiglia dei Coronavirus, è un esempio di virus rivestito composto da un singolo filamento di RNA a carica positiva (ssRNA+).
Come già accennato parlando delle loro caratteristiche, i virus riescono a riprodursi solo all’interno delle cellule ospiti e possono infettare animali, vegetali e batteri. Attaccandosi alla superficie cellulare, un virus penetra al suo interno ed effettua la sintesi dei componenti virali che vengono poi assemblati e rilasciati come virus completi dalla cellula ospite.
I Coronavirus (CoV), appartenenti alla famiglia dei Coronaviridae, possono causare diverse malattie a spettro sintomatico. Considerati causa primaria del comune raffreddore, sono responsabili anche di sindromi respiratorie severe come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave). I virioni, singole particelle virali, hanno un diametro di medio di circa 100-160 nm, sono poleimorfi e rivestiti da pericapside con un grosso genoma ad ssRNA lineare (fino a 27-32 Kb).
Il loro nome deriva dalla presenza di spicole molto evidenti sul pericapside che sembrano formare una “corona” intorno alla particella virale.
Tra gli ospiti del Coronavirus troviamo molte specie animali, tra cui anche l’uomo.
I Coronavirus umani conosciuti, comuni in tutto il mondo, sono sette, identificati a partire dai primi anni Sessanta fino ad oggi e sono:
1- 229E (alphacoronavirus)
2- NL63 (alphacoronavirus)
3- OC43 (betacoronavirus)
4- HKU1 (betacoronavirus)
Questi primi quattro causano lievi malattie del tratto respiratorio superiore, incluso il comune raffreddore.
5- SARS-CoV (betacoronavirus, causa della sindrome respiratoria acuta grave)
6- MERS-CoV (betacoronavirus, causa della sindrome respiratoria mediorientale)
7- SARS-CoV2 (betacoronavirus, causa della COVID-19)
La sindrome respiratoria acuta grave è stata registrata per la prima volta in Cina nel novembre del 2002, causando un’epidemia mondiale che tra il 2002 e il 2004 ha registrato 8.098 casi probabili di cui 774 decessi. Dal 2004 non si sono registrati casi di infezione da SARS-CoV in nessuna parte del mondo.
La sindrome respiratoria mediorientale è stata registrata per la prima volta in Arabia Saudita nel 2013 e, da allora, l’infezione ha colpito persone da oltre 25 paesi, anche se tutti i casi hanno compito sono stati collegati a Paesi interni o nelle vicinanze della penisola arabica.
I primi casi sospetti attribuibili alla COVID-19, invece, sono stati riscontrati a Wuhan il 31 dicembre del 2019 e, il 9 gennaio dell’anno seguente, l’OMS comunica che è stato individuato un nuovo ceppo di Coronavirus, 2019-nCoV.
Questo nuovo ceppo sembrerebbe nato nei pipistrelli e successivamente veicolato da una specie di serpente. Le analisi di sequenza dell’intero genoma di 104 isolati virali da pazienti e zone diverse mostra analogie per il 99,9%, senza mutazioni significative, con omologia con SARS-CoV dell’80% e di oltre il 90% con il coronavirus dei pipistrelli.
Le fasi dell’analisi molecolare volte all’individuazione del SARS-CoV2 sono:
• Estrazione dell’acido nucleico
• Retro-trascrizione da RNA a cDNA e amplificazione dello stesso
• Fase di amplificazione in Real Time per valutare la presenza o assenza di genoma virale
A cura di: