Durante il lockdown è emersa una esigenza di un sistema connesso, di precisione, orientato al territorio e alla continuità di cura. Ormai da anni si parla di teleconsulti e videovisite, ma solo in questi mesi si è capito che sono strumenti essenziali non solo per i malati di coronavirus costretti a curarsi a domicilio ma anche per chi doveva tenere sotto controllo una patologia cronica senza effettuare visite di controllo in presenza.
Questi strumenti hanno compiuto così bene il loro compito che, finita l’emergenza, stanno diventando parte integrante delle pratiche sia dei centri privati sia di ospedali pubblici.
Francesco Sicurello, docente di informatica medica all’Università Bicocca di Milano spiega: “La telemedicina è la comunicazione di dati medici a fini diagnostici e terapeutici a distanza e oggi avviene in due modi. Il primo riguarda lo scambio, fra ospedali o reparti, di referti medici, lastre, tracciati, esami: niente più carta, ma file compressi che circolano, con l’obiettivo di avere maggiori valutazioni su una certa patologia. Il secondo riguarda pazienti con problemi cronici. In questo caso, il medico, in carne ed ossa, ha già fatto la sua diagnosi, ha già visitato il paziente e può continuare ad acquisire nel tempo altri dati (valori del sangue, lastre, ecc.) sull’evoluzione della malattia, seguendo la persona a distanza. È quello che si definisce «telemonitoraggio».
Questo, sottolinea Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano e provincia, “Non va però visto come il superamento della visita medica: il controllo fisico, con gesti come la palpazione e l’auscultazione, è cruciale al fine di una diagnosi o per modificare una terapia. Non scordiamoci infatti che il malato non è un medico e che non sempre riesce a interpretare i segnali del corpo senza esserne influenzato”.
Lo studio condotto da Luigi Cavanna, direttore dell’oncologia ed ematologia della ASL Piacenza, dimostra che il consulto telefonico può essere una grande risorsa. I dati, infatti, confermano che su 250 persone solo per 7 è stato richiesto il ricovero in ospedale. Questo perché anche i meno giovani hanno imparato a misurare autonomamente alcuni parametri vitali e a comunicarli ai medici via smartphone o via telefono. E sono proprio gli over 65 i candidati ideali dei teleconsulti, visto che, ormai, al giorno d’oggi anche fino all’età di 80 anni si è in grado di chattare e videochiamare. Quindi questi strumenti a disposizione di medici e pazienti diventano un’opportunità per monitorare a domicilio un gran numero di malati cronici.
Durante l’emergenza Covid- 19 il 51% dei medici di medicina generale ha dichiarato di aver lavorato da remoto, giudicando positivamente l’esperienza sia per la condivisione delle informazioni sia per la capacità di rispondere prontamente alle richieste urgenti.
Inoltre, già prima della pandemia, il 56% dei medici di medicina generale e il 46% degli specialisti utilizzavano WhatsApp per comunicare con i pazienti. Questi dati fanno presagire che in futuro la percentuale dei medici e specialisti che vorranno utilizzare piattaforme di collaboration, come Skype e Zoom, aumenterà.
Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, ha sottolineato “In un momento così delicato per il Paese e di così forte pressione su medici e ospedali, il ruolo del digitale diventa ancora più importante per aumentare la resilienza del nostro sistema sanitario. Le tecnologie digitali possono fare la differenza in tutte le fasi di prevenzione, accesso, cura e assistenza dei pazienti, per aiutare il personale sanitario nelle decisioni cliniche e le strutture sanitarie nella continuità di cura e nell’operatività”
In sostanza, è previsto che i servizi per accedere alle applicazioni e ai documenti da remoto attraverso VPN (acronimo di Virtual Private Network, un servizio che crittografa il traffico Internet e protegge l’identità online) si diffonderanno sempre più, sia per l’avanzamento tecnologico che lo rende possibile sia per la maggiore acquisizione di praticità da parte di medici e pazienti.