In un momento delicato come questo, in cui tutto il mondo polarizza la sua attenzione a sconfiggere il coronavirus, la ricerca contro il cancro non si ferma e ottiene risultati significativi nella sua diagnosi precoce.
Stiamo parlando della biopsia liquida, una procedura che può fornire risposte complementari a quelle di altri test biologici e migliorare gli attuali schemi diagnostici.
Una delle applicazioni della biopsia liquida in ambito oncologico maggiormente investigate è lo studio del carcinoma colorettale. Infatti, vista la sentita esigenza sia da parte delle autorità sanitarie sia da parte dei pazienti di una diagnosi precoce del carcinoma colorettale, molte associazioni per i diritti dei pazienti (come la Digestive Cancers Europe) fanno forti pressioni affinché nuovi e più accurati test trovino adozione nella pratica clinica.
Il termine si riferisce alla possibilità di effettuare analisi su materiale di origine tumorale, come cellule, proteine, DNA o RNA, ottenuto da un liquido corporeo, generalmente un prelievo di sangue.
Spesso la biopsia liquida genera dei malintesi, in quanto essa non consente di effettuare una diagnosi di cancro, possibile solamente attraverso l’analisi del tessuto tumorale, ma permette l’identificazione di marcatori prognostici o predittivi.
Il sangue, ottenuto tramite prelievo, viene utilizzato per analizzare la presenza di cellule tumorali circolanti e DNA tumorale circolante. Le cellule tumorali circolanti migrano attraverso i vasi sanguigni dopo essersi distaccati dal tessuto tumorale. Purtroppo l’identificazione e l’isolamento di queste cellule è resa difficile dalla loro bassa frequenza nel sangue dei pazienti e questo, altresì, limita la diffusione su larga scala nella pratica clinica dell’analisi delle cellule tumorali circolanti.
Altra storia invece per quanto riguarda la ricerca del DNA tumorale circolante che, rilasciato nel sangue dalle cellule tumorali morte, è presente in maggior numero e fa sì che tale procedura sia maggiormente utilizzata. In particolare quest’ultima analisi fornisce informazioni importanti, permettendo di riscontrare la presenza o l’assenza di mutazioni in specifici geni del tumore che possono rendere la malattia sensibile o resistente al trattamento con farmaci a bersaglio molecolare.
Rispetto alla biopsia tradizionale, decisamente più invasiva e gravata da maggiori complicanze, con la conseguenza di tempistiche lunghe, la biopsia liquida è una procedura rapida e minimamente invasiva, in quanto si tratta di un semplice prelievo ematico con complicanze trascurabili.
Inoltre può essere ripetuta periodicamente in maniera semplice e sicura. Dato che le caratteristiche molecolari del tumore possono variare nel tempo, anche in relazione al trattamento effettuato, la possibilità di avere informazioni aggiornate in tempo reale sull’evoluzione del tumore può fornire un supporto in più all’operatore sanitario nella scelta delle terapie più appropriate. Infine l’analisi di tale DNA può essere integrato in check-up genomici ad ampio raggio che svelino allo stesso tempo molti tipi di tumore.
La biopsia liquida presenta anche un’utilità clinica non trascurabile nel follow-up post chirurgico di quei pazienti che hanno persistenza di alterazioni neoplastiche nel sangue che tendono ad avere un decorso meno favorevole, con recidive e/o metastasi precoci. Infatti sarebbe possibile individuare pazienti che, nonostante siano dichiarati guariti dal chirurgo, presentano ancora qualche piccolo focolaio elusivo (non visibile con la TAC e la PET) e criptico (non sappiamo dove sia) di malattia (malattia minima residua) da qualche parte.